La depressione è classificata nel DSM-5 (“Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali“) come un disturbo dell’umore. Infatti, la caratteristica principale è proprio un’alterazione del tono dell’umore. I sintomi più comuni che accompagnano gli individui colti dalla depressione sono principalmente la tristezza, il profondo senso di solitudine e isolamento, l’autocritica, l’assenza di speranza, l’apatia, l’amplificazione di sensi di colpa e di dubbi. Sintomi che si manifestano in modo occasionale, in modo più frequente o ciclico e con episodi più o meno intensi. Nella vita di ogni individuo ci può essere un periodo in cui compaiono sintomi depressivi lievi e in tal caso, quest’ultimi non sono altro che delle normali risposte del nostro organismo a qualche fattore che sta interrogando in modo stressante uno o più aspetti della nostra vita. Quando invece parliamo di disturbo clinico, tutti i sintomi sono talmente amplificati da interferire con il corretto funzionamento psicofisico dell’individuo. Quindi, un interessamento globale, non solo delle funzioni cognitive, delle emozioni e dei comportamenti ma anche del corpo, con conseguenze negative anche nelle abituali attività quotidiane. Una caratteristica predominante della depressione è la ruminazione mentale o “rimuginio”, un processo cognitivo caratterizzato da una forma di pensiero “ciclico”, ovvero un ripetuto susseguirsi di pensieri disfunzionali e persistenti, spesso rafforzati da immagini negative, estrapolate spesso da eventi del passato.
La depressione è talmente diffusa che è stata definita “il male del secolo”. Può colpire qualsiasi individuo, a qualsiasi età, di qualsiasi etnia, di qualsiasi stato sociale, in qualsiasi momento della vita. Pare che sia più diffusa tra il genere femminile e che possa comparire anche nel periodo post-partum (dopo aver partorito un figlio) o nel periodo che va verso la menopausa. La depressione è proprio la rottura di un equilibrio in cui tutto appare opaco, angosciante, difficile e sempre più frequentemente ha conseguenze negative anche sui familiari o su le persone che circondano l’individuo che ne è affetto. Vorrebbero aiutarlo ma non sanno come fare. Inoltre, l’individuo depresso può avere la sensazione di non essere compreso dagli altri, come se questi ultimi conoscessero solo e inutilmente l’ottimismo.
POSSONO ESISTERE FATTORI DI PREDISPOSIZIONE?
La risposta a questa domanda è: sì. La depressione può essere un disturbo in cui ci sia la predisposizione di uno di questi fattori: biologici, genetici o psicosociali. Oppure, un disturbo in cui tutti questi fattori interagiscono tra di essi.
Per quanto riguarda i fattori biologici, sono stati effettuati degli studi e pare che la depressione possa derivare da un’alterazione funzionale dei sistemi monoaminergici, dovuta a un deficit o a un’anomalia dei neurotrasmettitori monoaminergici: noradrenalina e serotonina. Entrambe svolgono un’importantissima azione all’interno di alcuni nuclei cerebrali collegati al controllo di specifiche funzioni che risultano alterate nel disturbo depressivo. Esempi sono le alterazioni del tono dell’umore, dell’appetito e del sonno.
Per quanto riguarda i fattori genetici, evidenze empiriche provano l’esistenza di una componente ereditaria nella depressione. Ad esempio, in alcuni casi, i familiari di primo grado di un individuo con disturbo depressivo, hanno una maggiore incidenza nell’essere predisposti al disturbo. Ad ogni modo, gli aspetti genetici non spiegano totalmente lo sviluppo del disturbo.
A livello psicosociale, si può parlare di eventi stressanti vissuti dall’individuo come perdite a cui non c’è rimedio, via di fuga o alcuna soluzione. Tra questi eventi stressanti ricordiamo perlopiù: perdita di una persona cara, separazioni coniugali, malattie fisiche, fallimenti lavorativi, licenziamenti, fallimenti economici, essere vittime di un abuso o di un reato, problemi con la giustizia, cambiamenti importanti in uno o più aspetti specifici della vita e così via.