La tradizione permette di trovare un equilibrio con il mondo attuale?
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L’equilibrio tra tradizione e contemporaneità risulta ormai tanto instabile quanto radicato. Oggigiorno donne e uomini iniziano a lavorare intorno ai 25-26 anni dopo aver concluso gli studi. Qualche anno dopo, intorno ai 30 anni, le donne iniziano a sentire la chiamata al dovere: biologicamente sembra arrivare l’ora di creare una famiglia. Diversamente negli uomini quest’età coincide spesso con la volontà e la ricerca di una stabilità sentimentale.
Non sempre tutto prosegue come se ognuno di noi viaggiasse su una linea retta. A volte capita che qualcuno si ritrovi in un “labirinto di pareti fondate sulla tradizione”. Quest’ultima è rimasta radicata nelle mente della maggior parte di noi, ma non è riuscita ad evolversi per stare al passo con i tempi. Siamo nell’era delle non etichette fondata sull’ immagine. Questa tradizione così antica che crea affanno si è mascherata con altri valori, diversi da quelli che anche solo cinquant’anni fa caratterizzavano il modo di vivere. Il mondo è in costante cambiamento tanto da render difficile correre alla sua stessa velocità, ma su alcuni punti le questioni rimangono sempre le medesime: il matrimonio e la procreazione.
Arriva un punto della vita in cui non solo al cenone natalizio i parenti decidono di farti sentire come Bridget Jones , ma anche tu senti di non aver concluso abbastanza. La tradizione ritorna a bussare alla tua porta sempre più forte portando con sé valori che non rispecchiano più la società in cui vivi. Perché fa soffrire tanto sapere che qualcuno è riuscito? Non è semplice accettare che il mondo stia cambiando, ma che dentro di noi certi bisogni siano rimasti invariati.
Contraddizioni
La tradizione vorrebbe un matrimonio religioso, ma la fede nella religione cattolica è mutata notevolmente.La spaccatura con questa realtà è spesso molto grande, non è raro vedere giovani dai vent’anni in poi sposarsi in Chiesa con l’abito bianco. Quest’ultimo è da sempre simbolo di castità, nonostante ciò la società sembra aver declinato da tempo l’idea che una donna non possa aver rapporti sessuali con un uomo sino alla prima notte di nozze. La tradizione vorrebbe che il cognome di un figlio nato da una coppia sposata prenda il cognome del padre, ma oggigiorno il mondo spinge sempre di più per la parità. La tradizione vorrebbe che la donna fosse una madre “sufficientemente buona”, una moglie e che l’uomo fosse un padre severo e un gran lavoratore. Oggi le donne studiano, lavorano, sono madri. Gli uomini studiano, lavorano e sono padri sempre più presenti nella vita dei loro figli. I ruoli sono cambiati e si sono evoluti con l’avanzare degli anni, ma per chi in questi ruoli non riesce ad identificarsi la tradizione “veste stretta”.
Protrarsi della tradizione
L’identità e la tradizione
Tutti i grandi cambiamenti non sono stati indolore, non è la prima volta nella storia che le persone non si sentono accettate per la propria identità. Nel 1952 l’omosessualità era definita come un disturbo socio-patico della persona nel DSM-I ( Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali ). Nel 1968 nel DSM-II cambiò connotazione e venne definita come una devianza sessuale. Solamente nel 1973 l’American Psychiatric Association (APA) si dissociò dal DSM in vigore dichiarando l’omosessualità come un orientamento sessuale.
La nostra identità unisce in un sistema coerente gli aspetti fisiologici e psicologici in relazione al nostro contesto d’appartenenza. Non è sempre facile definirla se messa in costante paragone con altre. Riuscire a mostrarsi per come si è il risultato di molte lotte da parte di chi ha patito il dover nascondere la propria per conformarsi ad uno standard. Il malessere di non riuscire a rientrare negli schemi di una società è il risultato di un continuo paragone con modelli idealizzati: un cetaceo non si paragonerebbe mai ad un toro sperando che prima o poi gli crescano le corna. Questo è volto a sottolineare che a volte certe sofferenze derivano da un desiderare l’impossibile, forse perchè in primis non è un desiderio, ma un bisogno che non sentiamo nostro. Non è questione di “normalizzare” il non volere dei figli o di non sentire il bisogno di sposarsi, perché non c’è niente di anormale da rendere normale. Sono scelte di vita lecite al pari di tutte le altre, sono solamente meno sdoganate rispetto a quelle che “vanno per la maggiore”.
Conclusioni
Tutti i più grandi artisti della storia dell’arte hanno creato le opere che li hanno resi famosi partendo da una tela bianca e iniziando a dar vita a nuove creazioni, immagini che l’umanità fino a quel momento non aveva mai pensato che sarebbero potute nascere. L’identità è come una tela bianca su cui ognuno di noi inserisce lentamente nel corso della propria vita le sue caratteristiche. E’ un’opera che richiede tempo e che può provocare tante difficoltà. Non sempre piacerà, i colori non saranno quelli giusti, andranno cambiati. Rimane il fatto che le opere che hanno segnato la storia spesso non sono state capite, motivo per cui quanto vi è di non tradizionale in ognuno di noi è la chiave di volta per segnare un cambiamento, magari non nella storia dell’umanità, ma può esserlo nella gestione dei nostri malesseri.