Il Passaggio da Analogico a Digitale.. a Social!
Nel 1985 Gabriel Garcia Marquez dava alle stampe uno dei suoi capovalori, L’amore ai tempi del colera.
Mi piace pensare che oggi un premio Nobel più frivolo e meno profondo darebbe alla luce quello che credo sarebbe ugualmente un capolavoro, più sociologico che letterario magari: L’amore ai tempi dei Social.
La nostra generazione, quella dei quasi trentenni, è di transizione sotto molti punti di vista. Indubbiamente uno di questi è l’evoluzione delle relazioni interpersonali, passate letteralmente da analogico a digitale.
E’ indubbio che l’avvento dei social media abbia scardinato meccanismi e convenzioni che, con sfumature diverse, erano rimaste pressoché immutate nel corso del tempo: lo scambiarsi il numero come gesto di “accettazione” di un corteggiamento, il fatto che il piacersi fosse un prerequisito per poter condividere con l’altro qualcosa di oggettivamente personale e in un certo senso intimo come il proprio numero, una certa tensione nel dover trovare il modo di essere presenti senza essere invadenti, oltre ovviamene a una certa dose di parental control che veniva esercitato quando il numero in questione poteva essere solo quello di casa.
Il primo significativo cambiamento in questa routine lo aveva portato il cellulare: non si telefonava più a casa di una persona, ma a una persona e basta. La domanda paradigmatica di una telefonata non era più “chi è?”, il chiamante salvo eccezioni era noto. La domanda diventava “dove sei?”, vista la caratteristica tipica del cellulare, il mobile phone, mobile per definizione. La telefonata rimaneva ancora la colonna portante su cui si costruivano uscite, appuntamenti e incontri, ma cambiava il suo contesto.
La prima rivoluzione copernicana, con un balzo in avanti verso la digitalizzazione della relazione, fu però l’sms, lo Short Message Service per gli inglesi, per i nostrani il messaggino: niente più telefonate fiume di “mi pensi? Ma quanto mi pensi?”, ora l’amore correva sul filo di 160 caratteri, con parole ridotte all’osso per riempire i messaggi del maggior numero di informazioni possibili; un esercito di più o meno abili poeti metropolitani che si cimentavano in veri e propri romanzi epistolari, tanti giovani Werther con un nokia 3310.
Tuttavia nonostante la possibilità di essere presenti fino all’asfissia emotiva nella vita di una persona, il messaggio veniva vissuto come meno invadente e invasivo, poteva essere ignorato senza troppi rimorsi, ci si poteva semplicemente dimenticare di averlo ricevuto. Anzi spesso si richiedeva esplicitamente una risposta o una conferma, nella forma del mitico squillo, dell’avvenuta ricezione.
Come cambiano gli approcci tra le persone con l’uso dei social?
Tutto questo era comunque anni luce lontano dal capillare e minuzioso controllo che si è in grado oggi di esercitare sulla vita, quella digitale e sociale ma non solo, con i moderni strumenti. E ovviamente il rovescio della medaglia, cioè la possibilità di essere visibili e di mettere al corrente della proprio vita, virtuale e non, non solo chi direttamente interessato, ma chiunque abbia con noi un qualche legame, più o meno intimo.
E così oggi sempre più spesso il primo passo di una conoscenza non è più il numero di telefono (sempre più personale), ma il contatto Facebook, per definizione pubblico e quindi vissuto come meno importante e vincolante. Questo porta a un parallelo cambiamento di quelle convenzioni su cui si fondava lo scambio del numero: dare il contatto non significa necessariamente accettare un corteggiamento, primo per la valenza pubblica, e quindi non privilegiata, del profilo Facebook e secondo perché, a differenza del numero, l’amicizia su Facebook può essere concessa e revocata, lasciandoci modo di decidere in itinere quale vogliamo sia il grado di confidenza con una particolare persona. Inoltre vista la mole di informazioni a cui ci da accesso, non è più necessario conoscere qualcuno per fidarci a dargli il nostro numero, possiamo tranquillamente studiare a fondo la sua vita mediante Social e poi decidere se proseguire nella conoscenza.
Ne L’amore ai tempi dei social i protagonisti saprebbero molto, ma conoscerebbero poco. Avrebbero più informazioni di quante servano sull’altro, ma conoscerebbero meno di quanto avrebbero bisogno per poter capire chi hanno di fronte. Darebbero corpo alle parole di Oscar Wilde, “ci sono persone che sanno tutto, e purtroppo è tutto quello che sanno”. E forse le nuove generazioni questo libro lo stanno già scrivendo.
Articolo Scritto da Federico Bugliosi