Andare dal dentista è come andare al patibolo. Sai la data, l’ora, il luogo, sai che non sarà piacevole, sai che il boia ti aspetta senza il minimo sospetto che te la stai facendo addosso. E’ lì, monolitico, pronto per per il suo lavoro di routine e non si accorge che nel tuo cuore si sta scatenando la terza guerra mondiale. Tu d’altra parte, non fai nulla per mostrarlo. Non vuoi certo fare la figura del pirla che ha paura del dentista. Il dentista si comporta come un meccanico professionista, solo che la macchina siete voi e non siete di ferro. La mia esperienza personale con questa parte di professionisti, è iniziata intorno agli 8 anni. Mi ricordo solo un enorme pinza che strappava il premolare sinistro premendo di traverso contro le mie labbra. Che orrore. Il premolare destro, invece, impaurito dalla tortura precedente, non ho detto che mi faceva male. Risultato: il premolare permanente mi è nato storto. Ora uno potrebbe fare un analisi psicologica e vedere in questo il mio desiderio di restare bambino, di non crescere. I denti vengono accomunati alla capacità dell’ individuo di masticare la vita, di digerirla e ricavarne nutrimento. Preso da questo concetto di digeribilità dell’esistenza e avendo già provato, con scarsi risultati, tutti i digestivi per vite felici, HO DECISO DI ANDARE DAL DENTISTA! Nella mia testa questa decisione equivaleva a tagliarsi una gamba, a farsi del male, a far violare quel tempio che è mio e solo mio. La partenza non fu decisione mia ma dei miei denti. Di colpo, nel giro di un mese, si scheggiarono due denti, saltò un otturazione si cariò il premolare sinistro. Chiaro che il mio dentista non avrebbe potuto essere uno qualunque. Così in un corso di “ama il prossimo tuo come te stesso”, conobbi un dentista dal cognome impronunciabile, ma con il mio stesso modo di ridere. Voi direte che già per questo avrei dovuto scartarlo, ma almeno avevo trovato un po’ di famigliarità. L’ appuntamento l’ho preso con un mese di anticipo, il tempo giusto per torturarmi con immagini di iniezioni nelle gengive e trapani sui miei dentini. Quel giorno, quando sono salito in auto, ero attentissimo a gatti neri, suore, corvi. Sarebbe bastato un nonnulla per farmi desistere. Invece tutto filò liscio fino allo studio dentistico. Appena entrato, ho subito capito che i dentisti sono all’oscuro dell’esistenza dei deodoranti. Se in caso qualche dentista stesse leggendo, gli regalo questo scoop: esistono in commercio dei contenitori di plastica, che posti in luoghi puzzolenti, tipo gli studi dentistici, assorbono l’odore e creano una piacevole atmosfera alla violetta di Parma. Non costano neanche cari. Insomma, appena entrato vengo investito da questa zaffata, sono quasi svenuto, e lì ho capito che ti rincoglioniscono già all’entrata. Una gentile signorina, mi accompagna in sala d’aspetto. La sala d’aspetto dei dentisti è da sadici. Tu in quel momento sei un pezzo di legno, hai il cuore a mille e la paura ti immobilizza, non osi nemmeno grattarti la testa, cerchi di non farti notare, cerchi di dimenticare che tra poco ti trapaneranno un dente. Il dentista lo sa che tu cerchi di renderti la vita facile, cerchi di dimenticare e dato che è sadico, tappezza le pareti della sala d’aspetto con foto di denti con ascessi, l’elenco di tutti i mali che ti potrebbero venire, persino lo spaccato del cranio con la numerazione dei denti, in caso uno volesse per forza sapere che numero ha il dente che gli trapaneranno. A 32, bellissimo adesso so che il dente cariato è l’A32, meno male fosse stato l’A33 chissà cosa sarebbe successo. Mentre aspetti puoi gustarti l’ascolto dell’ ouverture N.324 per soli trapani, al momento non ho ancora scoperto l’autore del pezzo. Dopo 3 minuti di questa terapia, la vescica incomincia a dare segni di insofferenza. Non è voglia di urinare, è che te la stai facendo sotto. Meno male che, normalmente, le sale d’aspetto sono equipaggiate di vario materiale di lettura, rotocalchi, giornali finanziari, che se ne prendi uno in mano, ti viene ancora di più la depressione. Anzi, inizi a domandarti se anche Corona si è fatto trapanare un dente come tra poco farai tu. Sicuramente si. Beh, se la fatto Corona sicuramente ci riesco anch’io, non svengo prima. Il mio dentista essendo Austo-ungarico, ha anche i giornali in tedesco, o almeno credo che sia tedesco, penso per incuterti più timore e mantenere le distanze, o forse per i numerosi pazienti austriaci. Quando arriva l’assistente ho già pensato a mille scuse per tagliare la corda, compresa la nonna morta. L’ingresso è plateale. Si spalanca la porta e viene pronunciata la frase “è il suo turno”, proprio come i condannati a morte. Nonostante il sudore freddo che ti cola dalle basette, cerchi di assumere un aria di quello che non ha paura di niente. Quando sono entrato nello studio pensavo di trovare l’amico, invece, accidenti, ho trovato un dentista, che era anche l’amico, ma più dentista. La fatica che ho fatto per sembrare normale non ha paragoni. Mi sono venuti in mente tutti i mali che mi avrebbe potuto procurare con tutta quella attrezzatura davanti al mio naso e poi, cosa avrebbe fatto lo sapeva solo lui, io che mettevo a disposizione la mia bocca non lo sapevo. Questo era inquietante. La mia tensione era tale che tra la poltrona odontoiatrica e la mia schiena si poteva guardare comodamente un film. Appena il dentista ha messo le mani in bocca, un film in panavision. Quando ha deciso di fare l’innezione, un film in visionrama a 360 gradi. Quando ha acceso il trapano ho cercato di sfondare con la testa la poltrona, ma non ci sono riuscito e così mi ha curato il dente. Meno male che il mio dentista è furbissimo. Probabilmente essendo a conoscenza delle paure dei suoi pazienti maschi, ha adottato uno stratagemma, che anche se svelo spero mi perdoni: l’assistente tappa. Certo, essendo l’assistente bassa, è costretta, per svolgere il proprio lavoro, ad avere un assiduo contatto corporeo col paziente. Non so perché ma di colpo la tua immaginazione invece di visualizzare il trapano sul tuo dente, passa ad altro. Mi permetto un consiglio, meglio se ha la quinta. Nonostante l’assistente, per due giorni, sono rimasto sconvolto e dolorante e accidenti, avevo altri tre denti da curare. Quando, come per incanto, ci è venuto in mente il corso che avevamo fatto insieme “ama il prossimo tuo come te stesso”. Quel giorno mi sono seduto sulla poltrona odontoiatrica e lui mi dice:”chiudi gli occhi e rilassati, adesso ti curerò il dente ma quella parte sarà completamente anestetizzata, sentirai solo un po’ di pressione, rilassati”. Pur percependo lui che si dava da fare sul mio dente, tutto ciò che avevo provato nella seduta precedente era scomparso, compreso l’assistente, peccato. Si chiama ipnosi, ma non è una parolaccia. Mi sono accorto dopo che siamo in ipnosi in molti momenti della nostra vita. Quando accarezziamo il nostro cane, quando vediamo un nostro amico contento, quando stringiamo i nostri figli, quando creiamo con la nostra fantasia qualcosa che non esiste o una situazione che non esiste, quando facciamo l’amore. Allora perché non amare anche i nostri denti e curarli, pretendendo dal vostro dentista di farlo con amore, di farlo con l’ipnosi.
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