Perché e cosa serve l’educazione alimentare?
Negli scorsi articoli abbiamo parlato di alimentazione, nel primo di come l’uomo per sua natura sia predisposto a riconoscere e preferire cibi grassi e ipercalorici mentre nel secondo abbiamo affrontato il rapporto tra l’uomo moderno e il cibo e di come l’assuefazione per alcuni tipi di cibo come grassi e zuccheri portassero alcune disfunzioni sia sul nostro corpo che sulla nostre psiche.
Abbiamo inoltre collegato come nell’“ambiente moderno”, con l’aumento di cibi confezionati, assumiamo alimenti con una sempre maggiore quantità di sostanze dolcificanti e/o sature di grassi e che tutto ciò abbia un effetto deleterio sia sulla salute psico-fisica. Si può aggiungere che ciò sta cambiando il significato della parola nutrirsi che è ormai passato ad una “ricerca di appagamento“ e questo ricade negativamente sull’educazione alimentare degli adulti e quindi poi sui bambini.
L’educazione alimentare è sicuramente un argomento vastissimo e non ancora del tutto definito. Creare una formula esatta dell’educazione alimentare è praticamente impossibile, ma possiamo comunque soffermarci sulla direzione che sta intraprendendola ricerca in campo medico-sanitario e neuro-psicologico e riflettere, intanto, su quello che già conosciamo.
Innanzitutto prima di capire “il come” dobbiamo comprendere a fondo “il perché”.
Una buona educazione ad avere una sana alimentazione e un buon rapporto con tutti i cibi è la prima arma per la prevenzione di disfunzioni come l’obesità, insufficienze cardiovascolari, diabete e addirittura cancro. Ma anche predisposizione psicologiche a depressione o a disturbi della nutrizione come il Disturbo Evitante/Restrittivo dell’assunzione di cibo.
Quando si parla di alimentazione si sta, quindi, parlando di salute. Oggi giorno in campo scientifico quando si parla di benessere e salute bisogna prendere in considerazione più aspetti della persona. Non si considera solo più la patologia, ma bisogna pensare in maniera multidisciplinare. E’ per quello che oggi possiamo affermare che l’adeguata educazione alimentare può “guarire”(o meglio, prevenire) l’obesità.
A prova di tutto ciò, da poco in Italia, più precisamente nel bresciano, è appena iniziata un maxi ricerca multidisciplinare intrapresa da pediatri, nutrizionisti, neuropsichiatri, psicologi ed educatori al fine di dimostrare come avere una buona educazione “al vivere sano” nei neonati possa migliorare di molto la vita di un individuo.
La ricerca. Progetto “Primi 1000 giorni”
Nei primi mille giorni che vanno dalla gestazione ai due anni di vita si costruisce buona parte del futuro di un individuo. L’influenza dello stile di vita dei genitori (fin dalla fase pre-concezionale e poi nella gestazione) e del contesto ambientale nella primissima infanzia hanno un ruolo chiave nel determinare lo stato di salute negli anni a venire, ed è sempre nei primi due anni di vita, il «periodo d’oro» in cui è possibile fare un’ efficace prevenzione delle malattie.
Quello che si sa a livello teorico grazie a studi ormai condivisi, a Brescia verrà calato nella realtà con il progetto «Primi 1000 giorni».
Si tratta del primo tentativo di implementare queste conoscenze in un contesto reale, mettendo a disposizione delle famiglie bresciane gli strumenti per preservare la salute e il benessere dei bambini negli anni a venire. L’idea è quella di indagare nei nascituri e nei piccolissimi (ma anche nei loro genitori, e nelle coppie che progettano di avere un figlio) i fattori di rischio individuali ma anche i contesti che possono predisporre allo sviluppo di malattie future. Stimoli ambientali negativi per il feto come l’obesità e il diabete della futura mamma, il fumo (anche passivo), l’esposizione ad aria malata e altri inquinanti ambientali nei piccoli, lo stress fisico e psicologico possono aumentare il rischio di sviluppare, da adulti, malattie non trasmissibili come quelle cardio-cerebro-vascolari, metaboliche, respiratorie e patologie oncologiche.
Il progetto prevede un programma di valutazione clinico-molecolare dei partecipanti, con check up completo dello stato di salute fisica e psicologica, attraverso l’analisi delle caratteristiche molecolari (come genoma ed epigenoma) per identificare il profilo di rischio e personalizzare le terapie. Sul fronte della sensibilizzazione saranno promosse attività di formazione dei professionisti e di educazione della popolazione, con percorsi di educazione personalizzati sulla base delle peculiarità di ciascun individuo, focalizzati su nutrizione, attività fisica, salute in generale. Le nuove tecnologie saranno parte integrante del progetto, grazie all’utilizzo di dispositivi portatili per il monitoraggio del benessere del bambino, mediante App e sensori connessi con smartphone, per un’interazione puntuale con i professionisti sanitari.
“I primi mille giorni di vita” sono la reale frontiera della nuova bio-medicina. Il meccanismo epigenetico che entra in gioco nei primi anni di vita è semplice e determinante: durante la vita fetale e dopo la nascita riceviamo messaggi dall’ambiente esterno, come le sostanze chimiche con cui entriamo in contatto, gli alimenti, lo stress materno. Tutto questo, attraverso meccanismi di adattamento, può “modificare” il nostro programma genetico: una volta impostato da piccolissimi, non cambia più. Per questo se l’ambiente è sbagliato, ne pagheremo le conseguenze nell’arco della vita. Anche la mente si modella fortemente in questo lasso di tempo.