La Sindrome di Peter Pan: Avventure e Disavventure
Per capire meglio cosa si intende per sindrome di Peter Pan bisogna fare mente locale e ricordarsi della fiaba di Peter Pan.
Wendy ed i suoi fratelli sono scomparsi, si sono lasciati catturare dai fantastici racconti di un fanciullo che parla di una terra magica, in cui si può vivere un’infanzia senza
Peter è un ragazzo che vive in un’isola inesistente, Neverland, abitata da creature fatate, animali parlanti ed altri “bambini sperduti”, un’isola in cui il tempo non passa mai, e tutti coloro che ci abitano possono vivere un’eterna fanciullezza. Ma perché quest’isola non piace a Wendy ed ai suoi fratelli? Perché desiderano tornare a Londra dai loro genitori? Cosa manca nell’infanzia che invece esiste nell’”adultità”? Peter è un ragazzo simpatico, intelligente, per molti aspetti affascinante, ma per diventare forte e sconfiggere il temibile Capitan Uncino ha bisogno di sentirsi amato, di sapere che non è solo. Senza saperlo, lui simbolizza le caratteristiche tipiche di quella sindrome, non inquadrabile diagnosticamente, per cui l’adulto rifiuta di essere adulto, e decide di restare bambino.
Incastrati in una sindrome: come salvarsi?
Intesa come un’immaturità della sfera psico-affettiva, la Sindrome di Peter Pan non è una patologia vera e propria, è piuttosto una esacerbazione di singole caratteristiche di personalità, come l’egocentrismo, l’egoismo, il narcisismo, l’irresponsabilità, che trovano la loro origine nei vissuti e nell’infanzia del soggetto, tipicamente uomo, un’infanzia
A Cura della Dott.ssa Azzurra Carrozzo